"Non è possibile pensare la politica - come ogni attività più o meno organizzata - senza comunicazione"
Dall'editoriale dell'ultimo numero del magazine Ferpi prendo questa frase, che mi interessa in realtà soprattutto per l'inciso. Si potrebbe dire: non è possibile pensare una qualsiasi attività, più o meno organizzata, senza comunicazione. La comunicazione, cioè, fa bene all'organizzazione, ed anche il contrario: una buona organizzazione migliora, facilita la comunicazione. Sembra evidente, eppure è un concetto - e una pratica - che fatica parecchio a farsi strada. Prevale, e non solo nella politica, un approccio strumentale e "appendicolare" alla comunicazione: la utilizzo solo quando mi serve e solo in quanto mi serve, per ottenere visibilità, per diffondere un messaggio; ma l'organizzazione è una questione a parte, è una questione che riguarda gli "organizzatori", i dirigenti, anche i presidenti, ma non i comunicatori.
Un classico per il lavoro di addetto stampa. Il tuo datore di lavoro (ente, azienda, associazione) organizza il suo "evento", una qualsiasi iniziativa: decide tutto, prepara tutto (quasi...) ovviamente senza consultarti. Poi alla fine, e solo alla fine, ti chiama e ti dice, pieno di aspettative: mi fai un comunicato stampa per far conoscere l'evento e far venire i giornalisti? E magari il convegno (perché quasi sempre di un convegno si parla...la "convegnite" è una malattia delle organizzazioni) è insignificante, non è "pensato" per la stampa, non ci sono notizie, non c'è nessun matieriale utile (approfondimenti sui temi, ricerche, dati...), sono iscritti a parlare 10 relatori sconosciuti e logorroici, preceduti dai saluti del vicepresidente, del direttore, del consigliere, del promotore, ecc.. Meno male che alla fine arriva finalmente - da scaletta - l'intervento del Presidente, l'unico che potrebbe avere un qualche appeal mediatico, che i giornalisti potrebbero essere persino interessati a venire ad ascoltare. Peccato, però, che il suo intervento è previsto dagli organizzatori a fine convegno, cioè intorno alle 17 del pomeriggio secondo programma, il che si significa alle 18 o alle 19 nella realtà. Un'orario in cui la maggior parte dei giornali ha già deciso e chiuso da un pezzo le pagine e non aspetta certo le strabilianti dichiarazioni del tuo presidente, magari da una relazione di 40 pagine rigorosamente "letta" dalla prima all'ultima riga.
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