Il 63% del valore di un brand è dato dalla propria reputazione. L’82% dei problemi legati alla reputazione nasce dall’interno dell'organizzazione (per il 50% dai dipendenti, per il 31% da altri leader interni). "La crisi è dentro di te", direbbe Quelo, il celebre personaggio di Corrado guzzanti.
Solo il 39% delle crisi avvengono in maniera improvvisa e inaspettata, mentre un ben più corposo 61% corrisponde a problemi di reputazione “latenti”, che si trascinano troppo nel tempo sino a trovare finalmente la loro esplosione. Non puoi dire: "Non me lo aspettavo".
Per determinare la percezione di una crisi sono fondamentali i primi 120 minuti. Per cui bisogna sapere prima cosa fare e farlo subito.
Numeri interessanti e ottimi consigli sulla gestione della comunicazione di crisi da parte di Francesco Gavello (Come difendere la propria reputazione in Rete), che rilancia i contenuti di un intervento di David Krejci, vice presidente esecutivo della Digital Communications in Weber Shandwick North America.
Da leggere tutto, anche per chi si occupa delle media relations 'tradizionali'. Perché la crisi ci mette molto poco a rimbalzare dalla Rete alla carta stampata e "per un'azienda, difendere la propria reputazione è tutto".
C'è da dire che per molte aziende e organizzazioni, almeno in Italia, sembrano valere tutt'altre regole di approccio alla crisi, riassumibili nell'atteggiamento famoso delle tre scimmie: "Non vedo, non sento, non parlo".
Un po' per incoscienza - carenza di cultura organizzativa - , un po' per arroganza, sostenuta da posizioni di rendita sul mercato, magari legate a condizioni di monopolio o a conflitti di interessi. Siamo in Italia, la cultura delle regole è quella che sappiamo, l'opinione pubblica non sembra avere ancora la forza e la maturità necessarie a condizionare seriamente i comportamenti delle aziende, delle organizzazioni, delle istituzioni.
Ci si può permettere ancora molto (troppo) che all'estero non sarebbe concesso.
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