mercoledì 6 gennaio 2010

The public be fooled


Curioso che il primo modello riconosciuto di relazioni pubbliche sia associato al fondatore di un circo, il grande Circo Barnum, che ancora oggi viene citato in espressioni che vogliono rendere l’incredibilità, l’insostenibilità, di un fatto o di una situazione. Un classico: il circo barnum della politica italiana…

L’americano Phineas T. Barnum – racconta Invernizzi nel suo manuale (vedi anche qui e qui) – fu maestro in una tecnica di comunicazione e pubblicità caratterizzata dall’invenzione di storie e personaggi che avevano poco a che fare con la realtà, ma erano in grado di catturare l’attenzione del pubblico e dei giornali. Una fra tutte, la schiava nera che avrebbe allattato il primo presidente degli Stati Uniti… “Ther’s no such thing as a bad pubblicity” – era il credo di Barnum: non importa che se ne parli male, l’importante è che se ne parli.

Questo stile di comunicazione, che si afferma negli Stati Uniti nella prima metà dell’800 (generando miti come Buffalo Bill e Calamity Jane, legati all’epica del West) e rimane predominante fino alla fine del secolo, viene codificato nel 1984 da James Grunig come primo di quattro modelli di relazioni pubbliche, denominato: Press agentry-Pubblicity.

L’obiettivo dell’attività di pr rappresentata in questo modello è di svolgere una funzione di vera e propria promozione e propaganda al fine di sviluppare la notorietà e la fama dell’organizzazione. Si tratta di una comunicazione unidirezionale, concentrata nell’attirare l’attenzione dei mezzi di comunicazione di massa sul cliente, con scarsa attenzione alla veridicità e alla completezza delle informazioni erogate ("The public be fooled", Goldman). Pubblicità e informazione si mescolano, favorendo la pratica degli articoli cosiddetti “redazionali”.

L’unica attività di ricerca svolta prima o dopo l’attività di comunicazione è la “conta delle teste”, la verifica cioè dell’impiego dei comunicati stampa da parte dei media o del numero di persone che hanno partecipato all’evento organizzato.

Negli anni ’80 il modello Press agentry-Pubblicity caratterizzava secondo Grunig l’attività di comunicazione di circa il 15% delle organizzazioni americane, soprattutto nel campo dello sport, del teatro e del cinema, o nella promozione dei prodotti svolta negli uffici di pubblicità delle imprese. Con la differenza, rispetto alle origini, di una maggiore attenzione rispetto alla veridicità delle informazioni o delle notizie fornite.

Ho l’impressione che in Italia la percentuale sarebbe, ancora oggi, di gran lunga maggiore. Le caratteristiche di questo modello di comunicazione mi sembrano tuttora diffusissime, se non predominanti. A partire dall’idea delle relazioni pubbliche – in particolare le relazioni con i media – come mero strumento di promozione. Per non dire della promiscuità tra pubblicità e informazione, con l’abuso di redazionali, dichiarati e non dichiarati. Le attività di ricerca e verifica – tolti i sondaggi della politica – mi sono sconosciute. Sulla veridicità e completezza delle informazioni fornite, la situazione credo sia abbastanza evidente a tutti. Credo anche che sia meno un problema di moralità (è tutto dire…) quanto un problema di consapevolezza culturale. O meglio, dell’assenza di questa consapevolezza.


(Foto da Flickr, creative commons: szlea)

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